Dal 6 novembre 2013 al 27 aprile 2014 – Genova, Palazzo Ducale.
La mostra racconta tutta l’evoluzione della produzione dell’artista.
La natura è l’opposto dell’arte. Un’opera d’arte proviene direttamente dall’interiorità dell’uomo. (…) La Natura è il mezzo, non il fine. Se è necessario raggiungere qualcosa cambiando la natura, bisogna farlo. (…) L’arte è il sangue del cuore umano.
Edvard Munch (1863-1944)
Riecheggia la presenza de “L’Urlo” a Palazzo Ducale, anche se la sua opera più famosa non è direttamente presente.
L’Urlo, infatti, è difficilmente trasportabile, dopo i due furti subiti dai musei di Oslo: prima dalla Galleria Nazionale nel 1994 e poi dal Museo Munch nel 2004.
Impossibile spostare anche la versione del 1896, un pastello, acquistato dal miliardario newyorkese Leon Black per 120 milioni di dollari nel 2012.
Al di là del dipinto “manifesto”, assurto a rappresentare tutta l’arte espressionista del Novecento, la mostra è una grandissima occasione per capire il valore della sua opera, anche nella sua prospettiva evolutiva.
Nel 150esimo anniversario della nascita di Eduard Munch, questa è l’unica esposizione italiana che lo celebra, una delle tre europee.
Curata da Marc Restellini, direttore della Pinacotheque de Paris, che nel 2010 dedicò al maestro una straordinaria esposizione visitata da oltre 600.000 persone, permette di scoprire aspetti meno conosciuti del grande artista espressionista.
La forza di questa esposizione è quella di dare uno sguardo approfondito non soltanto al grande Munch delle opera più famose, divenute vere e proprie icone, ma anche di permettere di osservare il Munch sconosciuto al pubblico, quello conservato in contesti privati.
“Realizzare questa mostra proprio nell’anno delle celebrazioni e con le enormi difficoltà legate ai prestiti di Munch è stato un miracolo.” – dichiarano gli organizzatori – “La scommessa è stata altissima, ma vedremo opere straordinarie, concesse dai più importanti collezionisti di Munch”.
L’operazione ha fatto arrivare a Genova 120 opere che illustrano i momenti fondamentali del lungo percorso fatto in sessant’anni di carriera.
Rappresentano anche il tragitto esistenziale dell’artista, che ha visto il linguaggio pittorico evolversi da un impianto naturalista, impressionista iniziale, a una maniera incisiva più cruda e audace, che ha influenzato tutta l’arte del XX secolo.
“La mostra racconta – spiega Restellini – un Munch artista che potremmo in qualche modo considerare il contrario di tutto ciò che esisteva fino ad allora. Munch si oppone deliberatamente a ciò che vede e conosce. In una logica quasi anarchica, si mette in contrasto con l’impressionismo, il simbolismo, il naturalismo per inventarsi una forma di espressione artistica in rivolta contro tutto ciò che sin dalla sua infanzia gli è stato presentato come regola sociale”.
Munch è l’artista che forse più di tutti ha avvertito consapevolezza la crisi della cultura occidentale e della coscienza, ha avuto uno sguardo desolante sulla modernità, e a noi che siamo alla fine di quella modernità e viviamo una serie di contraddizioni pesanti legate alla solitudine, alla paura, all’angoscia, questa mostra può offrire uno sguardo di riflessione sul presente.
L’evento è poi arricchito da un’altra esposizione in anteprima europea: “Warhol after Munch” che presenta una serie di opere realizzate dal genio della pop art e ispirate, appunto, al lavoro di Munch.
L’accostamento potrebbe sembrare azzardato, in realtà tra i due c’è un legame molto più stretto di quanto non si possa sospettare. Innanzitutto la riproducibilità dell’opera, che è anche la questione più stravolgente dell’arte del Novecento, viene affrontata da Munch e Warhol ne farà uno dei suoi principali tratti distintivi, attraverso un’infinità di variazioni.
L’Urlo ne è esempio essendocene ben quattro differenti versioni, ma anche di altri dipinti l’artista norvegese ha realizzato più copie, sei quelle del Bambino malato e delle Giovani Donne sul ponte e addirittura dodici quelle del Vampiro. Altro aspetto che li accomuna è la manipolazione del lavoro, che spesso passa attraverso una serie di alterazioni che nulla hanno a che fare con il disegno o la stesura del colore, e da aggiungere poi la grande cura grafica nell’impaginazione.
“È sorprendente scorgere così presto nella storia dell’arte moderna un artista capace di staccarsi da tutte le convenzioni alle quali ci avevano abituati gli artisti e i movimenti precedenti; ed è prodigioso notare sin dagli anni Ottanta dell’Ottocento come Munch si accanisca sugli strati di colore, vederlo letteralmente solcare la superficie pittorica o lasciare le sue tele esposte alla pioggia e alla neve, trasferire fotografie e fotogrammi di film muti all’interno dei suoi dipinti e dei suoi lavori grafici. Stupefacente è anche l’audacia con cui sopprime i confini tra i supporti e le tecniche, nelle sue incisioni, sculture e fotografie, come nei suoi quadri, collage e film. Munch s’iscrive nella linea di William Turner e di Gustave Courbet, è l’anello mancante della catena che unisce artisti come Pablo Picasso, Georges Braque, Jean Dubuffet e Jackson Pollock nella storia del modernismo. Autentico innovatore per quanto riguarda l’apporto della cinetica all’arte, egli fu anche un modello in termini di avanguardia e di rottura con i modelli precedenti” conclude il curatore.